Investigatore Privato Roma

AGENZIA INVESTIGATIVA ROMA
LORMAR INVESTIGAZIONI - ITALY
CONSULENTE INVESTIGATIVO "ITALIA 93"
SOCIO ASSOCIAZIONE NAZ. CARABINIERI
AUTOR. PREFETTURA D.M. 269/2010
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AGENZIA INVESTIGATIVA LORMAR
ASSOCIAZIONE NAZ. CARABINIERI
INVESTIGATORE PRIVATO
INDAGINI CIVILI E PENALI
Roma - Latina - Castelli Romani - Lazio
AUT. PREFETTURA ROMA
Consulente Investigativo ITALIA 93

indagini penali roma



IL SOPRALLUOGO


Generalità
L'ambiente
Il contenuto dell'ambiente
Il cadavere
Le impronte
Le macchie di sangue
INDAGINI DIFENSIVE

 

Generalità


 

Per sopralluogo s’intende, come è noto, l’accesso della polizia giudiziaria, o dello stesso pubblico ministero, sul luogo ove si è verificato il fatto oggetto dell’indagine, al fine di accertare, attraverso l’osservazione delle persone, della località stessa e delle cose, le tracce e gli altri effetti materiali del reato eventualmente commesso.

Esso rappresenta, per tale suo carattere di immediatezza, una delle fasi più importanti delle indagini preliminari, in cui è possibile acquisire elementi spesso risolutivi per la ricostruzione delle modalità di un determinato accadimento. (se ne tratterà qui, ovviamente, unicamente sotto il profilo di interesse medico-legale, trascurandosi quindi gli aspetti di tecnica investigativa del sopralluogo, che appartengono piuttosto alle discipline della tecnica di polizia giudiziaria e della polizia scientifica).

In questa delicata attività di primo accertamento, quando sorga il sospetto di delitto contro la persona, sia la polizia giudiziaria – che agisca d’iniziativa nel presupposto dell’urgenza, ovvero dietro delega del pubblico ministero – sia quest’ultimo (ove intervenuto), opportunamente, se non necessariamente, si avvarranno della collaborazione di un medico, come s’è già rilevato, preferibilmente specializzato nella medicina legale o pratico della materia.


Nel corso del sopralluogo dovranno essere oggetto di attenta os­servazione:


a) l’ambiente in cui il fatto è avvenuto;

b) il contenuto dell’ambiente;

c) il cadavere;

d) le impronte;

e) le macchie.


L’armonica coordinazione e valutazione dei rilievi effettuati sui singoli elementi arrecheranno un contributo notevole, e spesso decisi­vo, non solo al fine di risolvere il classico e fondamentale quesito medico-legale; 

(omicidio, suicidio, morte accidentale), ma anche per orientare sui particolari di un fatto, come ad esempio, sulla posizione reciproca della vittima e dell’aggressore, sull’epoca della morte, sulle stesse circostanze che l’hanno preceduta o seguita.

Analizziamo i vari punti su cui deve soffermarsi l’attenzione degli inquirenti.

 

L’ambiente


Ambienti di un delitto possono essere un luogo all’aperto, locali chiusi, oppure veicoli.

Trattandosi di un luogo all’aperto saranno prese anzitutto in conside­razione le vie di accesso e le condizioni di visibilità, ma si ricercheranno anche tracce di veicoli, orme sul terreno, macchie di sangue, armi, indu­menti, tracce di liquidi organici e di segni indicativi di una eventuale colluttazione o comunque di atti compiuti durante lo svolgimento del fatto.

La trattatistica medico-legale riporta al riguardo un caso classico, quello di un famoso medico legale (l’Ottolenghi), il quale, chiamato ad esaminare un cadavere giacente su un prato, poté individuare e seguire un tracciato segnato da goccioline di sangue cadute sui fili di erba; 

fino al punto, distante parecchi metri dal luogo in cui si trovava il cadavere, nel quale l’erba era calpestata e si trovavano impronte marcate di un tacco, e dove il terriccio era coperto da una grossa macchia di sangue: in quel punto era avvenuto l’omicidio.

La particolare utilità di poter rilevare delle tracce e dei segni del fatto devono indurre la polizia giudiziaria a delimitare la zona in cui è stato rinvenuto il cadavere, impedendovi l’accesso a chiunque, proprio per evitare la dispersione delle tracce e la distruzione delle impronte.

Sarà, questo, compito specifico del personale di pronto intervento, che per primo giunge sul luogo del delitto, e che porrà appunto in essere unicamente una attività di tipo «conservativo», volta a preservare e fissare la situazione dei luoghi, esso stesso astenendosi, in attesa dell’intervento degli organi operativi specialistici, dal manomettere qualsiasi oggetto, per evitare sovrapposizioni di impronte che potrebbero ingegnare situazioni di confusione nelle indagini.

Naturalmente, la situazione dei luoghi sarà descritta in modo dettagliato ed opportunamente fotografata, redigendosi altresì uno schizzo che ne produca la pianta.

Se il delitto sia stato commesso all’interno di veicoli, oltre agli elementi già citati (tracce, macchie, armi, indumenti, segni), si ricercheranno impronte e si tenterà altresì di ricostruire l’itinerario percorso.

Quando il fatto sia accaduto in un locale chiuso, sarà anzitutto buona norma, prima di accedervi per compiere le iniziali constatazioni, che la polizia giudiziaria ponga attenzione alla parte di ambiente che si deve attraversare, onde non disperdere o confondere le impronte che potrebbero trovarsi nel tragitto.

L’esame dell’ambiente comincerà con il rilievo della disposizione e delle dimensioni dei locali, e delle loro vie di accesso: atri, cortili, scale, corridoi, porte e finestre. Di queste ultime si noterà se siano aperte, e se presentino alle imposte, ai vetri, ai battenti o alla stessa serratura, segni di effrazione.

Sul pavimento del locale, e sulle aree adiacenti, si ricercheranno impronte di piedi, di corpi, macchie di sangue, liquidi, oggetti, calcinacci, ecc.; sulle pareti si potranno rinvenire macchie di sangue, spruzzi, impronte di mani insanguinate o sudice, danneggiamenti o fori causati da proiettili.



Il contenuto dell’ambiente


Nell’esame del contenuto dell’ambiente si porrà attenzione ai letti, osservando se siano rifatti o no, e se rechino tracce di persone che vi abbiano giaciuto; tra le lenzuola si accerterà la presenza di peli, capelli, macchie di sangue o sperma.


Allo stesso modo si procederà per divani e poltrone


Quindi si passerà all’esame dei tavoli, armadi, casseforti, scaffali, dando atto dei segni di effrazione eventualmente osservati sui cassetti, il cui contenuto dovrà essere accuratamente esaminato.

Saranno poi oggetto di indagine le suppellettili, con speciale riguardo a stoviglie, bottiglie e bicchieri, su cui sarà riscontrata agevolmente la eventuale presenza di impronte digitali (questi oggetti, prelevati con le modalità più oltre esposte, saranno collocati con le debite precauzioni in cassette appositamente allestite).

Nella eventualità che la causa della morte non venisse identificata immediatamente con assoluta sicurezza, sarà utile esaminare le condutture del gas, nonché accertare le condizioni di funzionamento di stufe, bracieri, forni, ecc., sorgenti spesso insidiose di ossido di carbonio.

Nei casi di omicidio con uso di arma da fuoco vanno rilevati con particolare cura, per la più veridica ricostruzione del fatto, le lesioni prodotte dai proiettili sui muri, sul pavimento e sugli oggetti, le tracce di affumicatura, il punto di rinvenimento dell’arma, dei proiettili o dei bossoli.

Quando si sospetti un avvelenamento, si verificherà l’eventuale presenza di resti di cibi e di medicinali, che saranno repertati.

Si darà naturalmente atto della presenza di segni di una avvenuta colluttazione (disordine, danneggiamenti), e si reperteranno altresì brandelli di stoffa, strumenti da scasso, giornali (di cui si verificherà la data), scritti, resti di sigaretta, di cui si segnalerà con precisione la posizione e che saranno maneggiati con cura per non disperdere le impronte.

Sia l’ambiente che i reperti che vi sono contenuti è sempre assolutamente consigliabile che vengano fotografati, oltre che descritti; per dare la precisa cognizione delle dimensioni di un reperto si porrà sempre, accanto ad esso, un metro prima di eseguirne la fotografia.

La documentazione fotografica costituisce infatti un supporto ricostruttivo di somma utilità, perché consente, meglio di ogni più accurata e chiara descrizione, di rendere percepibile la realtà delle situazioni in cui avvennero i fatti e, all’interno di essa, i particolari più significativi.

Essa deve essere perciò tempestivamente effettuata, sì da «bloccare» lo stato dei luoghi e delle cose, e va intesa nel senso più completo: pur essendo sempre la vittima il soggetto principale da riprodurre, deve naturalmente tenersi conto di tutti gli altri elementi, già evidenziati, che compongono lo «scenario del delitto»; 

(spruzzi di sangue a distanza, mobili, specchi, finestre, porte, serrature, bossoli sparati, armi impugnate o cadute al suolo, ecc.), anche dei dettagli a prima vista non importanti. Si è, infatti, frequentemente verificato che particolarità, che a prima vista apparivano irrilevanti, si sono dimostrate della più grande importanza in seguito allo sviluppo delle indagini.

Di notevole interesse può, in particolare, risultare per la polizia giudiziaria anche la ricerca e l’individuazione nell’ ambiente delle «tracce» dell’avvenuto compimento di un aborto clandestino (pratica ancora in uso, in alcune zone del nostro paese, nonostante l’entrata in vigore della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza: L. 22 maggio 1978 n. 194).

Deve subito precisarsi che l’aborto di cui si tratta è quello qualificato come «criminoso», ovverosia l’interruzione della gravidanza intenzionalmente provocata anzi termine – su donna non consenziente o su donna consenziente ma nell’inosservanza delle norme della legge citata – cui consegua la morte del prodotto del concepimento.

Alla polizia giudiziaria competerà, in una tale fattispecie, principalmente, l’acquisizione del corpo del reato, come prova del fatto commesso, con riferimento non soltanto al reperimento del feto espulso, ma anche alla ricerca ed al sequestro dei mezzi usati per determinare l’aborto.

Occorre sapere che tali mezzi possono essere chimici o fisici

I primi sono mezzi tossici, definiti «abortivi», tutti appartenenti alla categoria dei veleni (l’aborto, in tal caso, è proprio l’effetto della intossicazione). I principali e più comuni sono sostante inorganiche, come il fosforo, l’arsenico, il piombo, gli acidi forti (come il solforico, il cloridrico ed il nitrico), ovvero sostanze organiche come polveri o estratti o infusi di piante (il ginepro, lo zafferano, la ruta, la segala cornuta, la canfora).

Il meccanismo d’azione non è lo stesso per tutti questi veleni: alcuni, infatti, agiscono stimolando l’utero a contrarsi, altri producendo la morte del feto direttamente, altri producendola indirettamente, ledendo gravemente i cd. annessi fetali (placenta, membrane ovulari).

I mezzi fisici, o meccanici, agiscono invece nel canale vaginale e tendono a stimolare le contrazioni espulsive del feto, oppure a staccare o rompere le membrane ovulari, o addirittura ad asportare il contenuto dell’utero.

I più comunemente usati sono: i cd. tamponamenti vaginali (attuati a mezzo di garze e cotone) e le irrigazioni vaginali a mezzo di acqua calda o fredda o con soluzioni debolmente acide (aceto, acido fenico diluito) o irritanti (senape), i quali stimolano le contrazioni dell’utero; 

l’introduzione nella cavità uterina di aghi da calze, spilloni, candelette, cateteri (o altri strumenti similari), i quali tendono a forare le membrane ed a far fuoriuscire il liquido amniotico, con decrescenza del contenuto uterino e conseguente contrazione dell’utero; 

l’introduzione di una sonda flessibile nell’utero che tende a scollare le membrane ovulari e a stimolare la contrazione dell’utero stesso; il raschiamento della superficie interna dell’utero previo uso di strumento dilatatore prima e, poi, di raschiatore, che asporta il prodotto del concepimento.

Alla polizia giudiziaria (che naturalmente non potrà prescindere in indagini del genere dall’opera del medico, il quale potrà anche verificare mediante ispezione clinica della donna le lesioni genitali eventualmente prodotte dalle manovre abortive); 

competerà quindi, in caso di sospetto aborto, la ricerca nell’ambiente, e la raccolta delle prove del fatto mediante l’acquisizione ed il sequestro del descritto strumentario meccanico di applicazione abortiva o delle sostanze chimiche tra quelle sopra elencate come le più comunemente usate allo scopo.

Mentre la maggior parte delle operazioni che abbiamo sinora sommariamente indicato, sia pure svolte alla vigile presenza del medico, appartengono essenzialmente alla competenza della polizia giudiziaria o dello stesso pubblico ministero intervenuto, l’opera del medico diventa primaria ed insostituibile quanto alla segnalazione ed alla descrizione di tracce organiche di provenienza umana (sangue, capelli, vomito, sperma, ecc.), nonché al prelievo senza contaminazione di esse.

Essenziale è inoltre l’intervento del medico quanto ai rilievi da compiersi in relazione al cadavere


Il cadavere


In sede di sopralluogo, le operazioni ed i rilievi che vanno compiuti sul cadavere riguarderanno principalmente i caratteri e gli elementi di riscontro pronto ed agevole, come la sede, la posizione, l’atteggiamento, l’integrità e la conservazione, gli indumenti, la presenza di armi o di «strumenti di contenzione» (corde, cinture, sciarpe, bavagli, ecc.), la presenza di macchie ipostatiche, la rigidità, la temperatura, le lesioni ed eventuali imbrattature.

Gli accertamenti più approfonditi, che richiedono osservazioni e valutazioni più complesse – prima fra tutte l’identificazione della causa della morte – saranno affidati invece all’esame esterno completo del cadavere, cui il medico procederà in seguito ed altrove (sala settoria del più vicino ospedale; camera mortuaria del cimitero), ed alla successiva autopsia.

Appare necessario segnalare che non è opportuno denudare del tutto il cadavere in occasione dei rilievi in sede di sopralluogo: il cadavere dovrà essere, sì, minuziosamente osservato e frugato «in loco», ed a tal fine potrà essere anche parzialmente scoperto degli abiti, ma non dovrà mai esserne completamente spogliato. 

Questa operazione sarà infatti assai più proficua se compiuta al tavolo settorio, perché darà la possibilità di ricostruire eventuali tramiti di colpi esplosi o di ferite inferte, identificandoli attraverso i diversi piani interessati (abiti, cute, viscere toraciche o addominali, ecc.).

Va altresì ribadita l’esigenza di una accurata riproduzione fotografica del cadavere, in generale (ossia come collocato nell’ambiente), e nei suoi particolari più significativi.


* La sede: dovrà essere rilevata e descritta l’ubicazione del cadavere rispetto all’ambiente, dandosi atto dell’esatta localizzazione del corpo e delle distanze che intercorrono tra questo e punti fissi, come le pareti, le porte o le finestre od altri (a seconda dei vari «scenari» del delitto).

Non deve essere trascurata l’evenienza che il cadavere sia stato trasportato sul posto, essendo la morte avvenuta in un diverso e lontano luogo: si tratta di in genere di corpi di persone annegate, o di persone uccise e gettate in acqua, e successivamente trasportate dalla corrente sulle rive o su spiagge; di persone uccise e gettate da veicoli in movimento; oppure di neonati abbandonati a distanza dal luogo in cui furono soppressi.

In tali casi, le caratteristiche della sede in cui è avvenuto il rinvenimento e l’assenza di altri significativi reperti (come impronte, macchie sospette, segni di lotta, ecc.) faranno fondatamente ipotizzare che il fatto sia accaduto a distanza.

La posizione: si dirà se il cadavere giaccia supino o bocconi, se sul fianco destro o sul sinistro, se sia eretto, seduto o sospeso.

Ai fini del giudizio sulla posizione del cadavere (se abbia o no subito mutamenti), il medico terrà anche conto della sede delle ipostasi e della loro compatibilità con la posizione del corpo quale riscontrata in sede di sopralluogo (Si rimanda a quanto già detto sulle ipostasi nella sezione dedicata ai fenomeni cadaverici).

Non va dimenticato che alcune posizioni apparentemente assurde che il cadavere assume trovano giustificazione nella rapida insorgenza della rigidità, capace di fissare il corpo in posizioni anomale, con gli indumenti impagliati in qualche ostacolo, oppure in curiosi atteggiamenti quasi equilibristici che sembrano sfidare le leggi di gravità.

* L’atteggiamento: va documentato se il cadavere si presenti rilasciato o rigido, e l’atteggiamento complessivo del corpo (ben noto quello «da lottatore», che si osserva costantemente nella morte per azione da fiamma e frequentemente anche negli annegati; quello della difesa del capo con arti superiori piegati, in alcune violenze contusive; 

quello accoccolato o raggomitolato, in caso di occultamento in bauli, casse o armadi, bagagliai, o comunque spazi ristretti, prima del trasporto sul luogo del rinvenimento), e quello delle singole parti (testa, tronco, arti, dita), se flesse o estese, se ruotate verso destra o verso sinistra.

* Integrità e conservazione: dovrà darsi atto dello stato di integrità o meno del cadavere. In caso di mutilazioni, a prescindere da quelle criminose tese ad evitarne il riconoscimento o a favorirne l’occultamento, la sede di ritrovamento dei resti già potrà chiarire le modalità del fatto (ad es., a lato dei binari).

Si rileveranno altresì, sempre tenendo conto del luogo di rinvenimento, eventuali mutilazioni cagionate da morsi di animali o da altre cause.

Nel riscontro dello stato di conservazione del cadavere si terranno presenti e le condizioni climatiche stagionali, e tutti gli altri fattori in grado di modificare accelerare o rallentare i fenomeni trasformativi cui va incontro il cadavere (temperatura, umidità, esposizione al sole, grado di ventilazione, condizioni locali, ecc.). 

Effettuati tali rilievi, si dirà se il cadavere è in buono stato di conservazione, se presenti segni di putrefazione, e di quale grado, se sia in fase colliquativa, o mummificato, corificato, o macerato.

* Abbigliamento: nel corso del sopralluogo, l’esame degli indumenti indossati dal cadavere riveste particolare importanza, in quanto da esso si traggono elementi che in nessuna altra sede si potranno poi rilevare (a differenza di quanto avviene per lo stato di integrità, o per le ferite, il cui minuzioso riscontro avviene in luogo più idoneo, in sede di esame esterno del cadavere). 

Deve infatti tenersi conto che i successivi spostamenti della salma potranno alterare, tra l’altro, la disposizione dei vestiti o cancellare tracce di rilievo, come, ad esempio, fili di erba, pezzi di carta, ciocche di capelli, polveri.

Il medico, dando atto dello stato e della disposizione degli indumenti (se scomposti o meno, se mancanti, se abbottonati, se lacerati), procederà alla loro elencazione ed al rilievo di macchie, imbrattature, tracce di liquidi, o di bruciature o di affumicatura (come in caso di colpi da arma da fuoco sparati da vicino) su di essi rinvenuti, specificandone – nel limite del possibile – la natura e descrivendone la sede ed i caratteri.

In particolare, rilevando le lacerazioni, osserverà se ad esse corrispondano lesioni (un esame più approfondito circa il tramite, però, potrà essere compiuto, come rilevato, solo in sede di visita esterna del cadavere) e lo stesso farà per eventuali bruciature. 

Deve dirsi che quasi sempre vi è corrispondenza tra la soluzione di continuità delle stoffe e le lesioni sulla cute sottostante, prodotte da armi da punta o da taglio o da fuoco, anche se tale corrispondenza non va intesa in modo assoluto, bensì approssimativamente topografico; 

per possibili spostamenti degli indumenti sul corpo, nella dinamica del fatto di sangue su cui si indaga. Si consideri a riguardo, infatti, che ad esempio l’afferramento delle vesti, la colluttazione, la proiezione e la stessa obliquità di direzione dei colpi, possono modificare i rapporti tra i diversi strati degli abiti, e tra questi e la cute.

Rivolgerà quindi il medico la sua attenzione alle scarpe (con specifico riguardo alla ricerca di reperti particolari sulla suola, che andranno descritti o, meglio, fotografati), ai guanti, agli oggetti di ornamento ed a quanto contenuto nelle tasche degli indumenti.

* La presenza di armi o di strumenti : l’esame delle armi (compresi gli strumenti atti ad offendere) rinvenute sulla scena del delitto costituisce un altro passaggio importante del sopralluogo.

A parte i prelievi di materiale ematico e di resti di polvere da sparo da effettuare sulle armi repertate, sarà necessaria la massima attenzione per non distruggere eventuali impronte digitali ed altre tracce presenti in sede di impugnatura dell’arma indagata. I bossoli delle armi automatiche – ed anche i proiettili conficcati all’intorno o reperibili tra la cute e gli abiti – andranno fotografati e repertati per le successive prove identificatrici.

Vanno anche osservati i cd. strumenti di contenzione usati per immobilizzare la vittima (fazzoletti, panni, corde, cinture, sciarpe, ecc.), alla ricerca di eventuali macchie di sangue, alimenti rigurgitati o altre sostanze. 

Si deve qui ribadire che la presenza di legature anche complesse è spesso indicativa di suicidio anziché di omicidio (l’aspirante suicida vuol garantirsi il buon esito del gesto, e, legandosi accuratamente gli arti superiori e/o inferiori; 

vuoi porsi al riparo da propri gesti di reazione dettati dall’ istinto di conservazione). Talora il tipo di legatura praticato può essere indicativo di un particolare mestiere ed orientare verso l’omicida (ad es. impiego di nodi da marinaio).

* Quanto alle macchie ipostatiche, alla rigidità ed alla temperatura del cadavere, si può qui rinviare a quanto già esposto trattando dell’accertamento della morte e dei fenomeni cadaverici.

Va solo ribadito come dato importante per l’individuazione del momento della morte sia il raffreddamento del cadavere. In normali condizioni di ambiente, la temperatura del cadavere si mette in equilibrio con quella dell’ambiente in 15-20 ore. Si misura la temperatura rettale del cadavere, ripetendo le determinazioni per tre volte ad intervalli di due ore l’una dall’altra.

È inoltre da tenere presente che si possono distinguere tre stadi nel decorso post-mortale della temperatura. Nel primo, che succede immediatamente alla morte, la temperatura si abbassa di circa mezzo grado all’ora; 

nel secondo, della durata di 7-8 ore, l’abbassamento della temperatura è di un grado all’ora, mentre nel terzo, che è il più prolungato, la diminuzione della temperatura va progressivamente facendosi irrilevante, passando da valori di 3/4, 1/2, 1/4 di grado all’ora, sino a raggiungere la temperatura ambientale.

* Imbrattature del cadavere e lesioni: quanto alle prime, sul cadavere possono ritrovarsi terriccio, macchie di sangue, di sperma, di orine, tracce di feci e di liquidi organici, nonché polveri, ecc.

Di esse, come al solito, verranno specificate la sede, la diffusione, le caratteristiche

Particolare attenzione andrà posta nel rilevare eventuale materiale contenuto tra le unghie, ove potrebbero reperirsi terriccio, sabbia (orientativi circa la zona in cui l’omicidio può essere avvenuto), oppure, in caso di colluttazione, capelli spezzati o strappati, materiale ematico, lembi cutanei.

Va qui sottolineata l’importanza di reperire ed acquisire sul cadavere (ma anche, evidentemente, sul luogo del delitto) tracce organiche (sperma, sangue, peli e capelli, in particolare) probabilmente appartenenti all’autore del fatto delittuoso, alfine di confrontarne poi il cd. codice biologico (il profilo del D.N.A.) con quello di una persona sospettata.

Se l’esame – sviluppato secondo tecniche che hanno raggiunto livelli probatori assoluti qualora sussista il presupposto necessario di una quantità sufficiente del reperto (ad esempio la quantità di sangue necessaria per una indagine del D.N.A. è di 1 cm. cubo, pari a circa 10 cm. quadri su di una superficie quale, ad esempio, una stoffa di cotone) – sarà positivo, si avrà la prova certa che la traccia organica lasciata sulla vittima o sul luogo dell’omicidio appartiene a colui che ne è stato sospettato.

Quanto, poi, alle lesioni, competerà al medico in sede di sopralluogo rilevarle e descriverle, sia pure sommariamente: se ne indicherà la natura (escoriazioni, ecchimosi, ematomi, ecc.), segnalandone la sede, il numero, la direzione, le dimensioni, la forma; delle ferite si descriveranno i caratteri, l’aspetto dei margini, eventualmente del fondo, e lo stato dei tessuti circostanti.

Un esame più approfondito delle lesioni sarà eseguito in occasione della visita esterna del cadavere che precede l’autopsia

Va da ultimo sottolineato che quando il cadavere appartenga ad uno sconosciuto, sarà utile qualche sommario tentativo di riconoscimento già in sede di sopralluogo, ricercando e descrivendo segni particolari, caratteristiche del viso, degli occhi, della dentatura, statura, stato di nutrizione, ecc..

Si procederà, quindi, al rilievo delle impronte digitali, operazione che seguirà, al rilevamento, mediante la tecnica del guanto di paraffina o altra più aggiornata (cfr. a riguardo quanto esposto a proposito del metodo SEM-EDX), di tracce di polvere incombusta sulle mani della vittima, onde accertare, quando il caso lo richieda, i segni di un eventuale sparo da parte della stessa.

Va, infine, richiamata l’attenzione sull’importanza della fotografia ai fini identificativi di un cadavere sconosciuto e sui fatto che il riconoscimento, oltre che dal colore, e dalla taglia e disegno degli abiti, può risultare dalle etichette cucite all’interno, come pure, ad esempio, da anelli, orologi, catenelle, biglietti aerei e ferroviari, fotografie ritrovate in portafogli privi di altri documenti.


Le impronte


Le impronte sono tracce lasciate dalle mani (dita, unghie, palme), dai piedi, dai denti, o da altre parti del corpo dell’uomo o di animali.

Esse hanno grande importanza, perché consentono non solo di accertare la reale ricorrenza e le modalità di un fatto delittuoso, ma anche di identificare la vittima oppure il colpevole.

LE IMPRONTE POSSONO ESSERE SUDDIVISE IN:

a) impronte per asportazione, dovute all’allontanamento della sostanza deposta sulla superficie di un oggetto con cui si viene a contatto (così accade, ad esempio, quando si toccano oggetti polverosi o verniciati di fresco);

b) impronte per sovrapposizione o per imbrattamento, che si lasciano appoggiando la parte del corpo insudiciata di qualche sostanza (sudore, polvere, grasso, sangue, ecc.) sulla superficie di un oggetto;

c) impronte per compressione o spostamento, che si producono quando la parte poggia su un substrato cedevole (fango, sabbia, neve, ecc.).

Prenderemo qui in rapida considerazione unicamente le impronte di più comune riscontro nel corso di sopralluoghi: le impronte digitali, di mani, di piedi, di denti, di animali.

Le impronte digitali. Si è già trattato in generale delle impronte digitali nella sezione dedicata all’identificazione della persona.

Va osservato che, tra le impronte digitali, le impronte cd. per sovrapposizione sono le più frequenti a trovarsi e, di esse, le più utili ai fini dell’indagine sono quelle cd. invisibili o latenti: si tratta di impronte prodotte da una piccola quantità di sudore proveniente dalle ghiandole sudoripare, a cui sono aggiunti sudiciume e sostanze grasse.

Il polpastrello, poggiando su una superficie liscia, in genere vetro, vi lascia un po’ di queste sostanze come se fosse un timbro.

La ricerca delle impronte digitali va eseguita con metodica ed attenzione, sicché buona norma è evitare gli eccessivi affollamenti di persone sul posto, che ingenererebbero confusione ed il rischio di frammistione di impronte, quanto mai pregiudizievole per l’indagine.

Vanno individuati anzitutto gli oggetti su cui potrebbero esserci impronte, tenendo presente che le citate impronte invisibili si evidenziano agevolmente alla luce artificiale (di qui l’utilità di portare con sé una piccola lampadina tascabile, da utilizzare, per la ricerca, all’oscuro); 

detti oggetti devono essere maneggiati con cautela (ad esempio: un bicchiere prendendolo tra il fondo ed il bordo, evitando di toccarne le pareti; una bottiglia, sollevandola con l’indice posto sul collo e l’altra mano sotto il fondo; un coltello, ponendone le estremità tra le mani usate a piatto: ove appuntito, infilando un turacciolo nell’estremità della lama). I fogli di carta si prelevano usando guanti o, meglio, servendosi di pinzette.

Mentre le impronte rinvenute su oggetti difficilmente trasportabili (mobili, casseforti, vetrate, ecc.) saranno rilevate in loco dagli operatori di polizia giudiziaria in ciò specializzati, gli oggetti trasportabili saranno inviati negli appositi laboratori, previo imballaggio idoneo ad evitare la cancellazione delle tracce (sarà necessario far uso di apposite intelaiature o di scansie anche approssimativamente predisposte ed evitare avvolgimenti in carta o stracci).

Le impronte di mani. Una mano che afferra, o si posa per largo tratto della superficie palmare, può lasciare un’impronta, sulla quale si possono osservare, in alcuni casi, i solchi corrispondenti alle pieghe articolari e le creste papillari, elementi che potranno essere rilevati ai fini identificativi.

Potrà essere altresì utile l’impronta di mano in cui tali elementi non siano rilevabili, in quanto consentirà comunque di determinare la dimensione della mano stessa, la lunghezza e la larghezza delle dita ed eventuali anomalie (anchilosi, amputazioni, dita a martello), dati quest’ultimi egualmente utili per l’identificazione.

Le impronte dei piedi. Vanno distinte quelle lasciate da piedi nudi da quelle di piedi calzati

Quanto alle prime, se i dati dimensionali non offrono elementi precisi per l’identificazione, in quanto l’impronta subisce un ingrandimento o una deformazione che varia con il peso che grava sull’arto e con il movimento, sono invece di grande importanza eventuali anomalie (piede piatto, piede equino, amputazioni).

Più frequentemente vengono rilevate tracce di piedi calzati, che occorrerà in sede di sopralluogo isolare e non far calpestare dai presenti, e riprendere fotograficamente, per eseguire poi le comparazioni del caso.

Va segnalata l’utilità del rilievo di una serie di impronte appartenenti alla stessa persona, perché esse consentono di riconoscerne l’andatura, alla luce delle particolarità che presentano e che si evidenziano alla ricostruzione mediante collegamento di esse.

Le impronte di denti: sono assai più rare a riscontrarsi dalle altre già esaminate.

Possono essere rilevate sulla cute o su alimenti (burro, creme, frutti, ecc.) di consistenza pastosa

Le impronte di comparazione saranno prese facendo mordere al soggetto sospettato delle paste in cera in uso presso i dentisti, versando quindi, nei vuoti che si formeranno, del gesso.

Gli elementi utili per la comparazione sono il numero dei denti, la loro forma, la dimensione, la sede, la direzione e la disposizione.

Le impronte di animali possono essere costituite da impronte papillari, comuni soprattutto nelle scimmie, o, per lo più, da tracce di passi.

Sul luogo del reato si possono inoltre trovare peli di animali o caduti da indumenti in pelo. E da tenere presente, inoltre, che sul cadavere non è infrequente il reperto di morsi prodotti, nella maggior parte dei casi, da roditori.

Va concluso il discorso sulle impronte ricordando che anche i veicoli possono lasciarne, quando percorrano strade umide o polverose o innevate, ovvero quando, avendo le ruote bagnate o infangate, percorrano una strada asciutta. Da un esame accurato di tali tracce, che andranno, anzitutto, fotografate, si potrà stabilire la cilindrata del mezzo, il tipo, la direzione della marcia, la stessa circonferenza della ruota ed il tipo di copertone.


Le macchie di sangue


La presenza di macchie di sangue sul luogo ove sia avvenuto un omicidio o un ferimento permette, in molti casi, la ricostruzione per lo meno di alcune modalità del fatto nonché altre verifiche di fondamentale utilità per l’indagine.

Si potrà infatti stabilire, con sufficiente approssimazione, la quantità di sangue versato, i movimenti compiuti dalla vittima, la posizione tra questa e l’assalitore, l’altezza della ferita dalla quale il sangue è sgorgato, l’epoca a cui risale la macchia.

Si potrà altresì risalire alla diagnosi di appartenenza individuale, ossia all’identificazione del soggetto cui il sangue appartiene, non solo attraverso la risultanza indicativa dell’esame del gruppo sanguigno, ma anche attraverso il dato di certezza fornito dal rilievo del già indicato D.N.A.; 

(l’operazione consiste, com’è noto, in un confronto volto a stabilire l’eventuale corrispondenza delle caratteristiche del D.N.A. – ossia l’acido desossiribonucleico, che contiene il patrimonio genetico di ognuno – della traccia repertata rispetto a quelle della vittima, o del soggetto indiziato del fatto: la cd. identificazione genetica).

Dalle macchie di sangue occorrerà rilevare l’ubicazione, il colore, la forma e la disposizione, descriverle e fotografarle.

A parte l’ubicazione, ossia la sede, che, indicando il luogo del ferimento o dello spostamento del soggetto ferito, fornirà indicazioni di ovvia importanza ai fini della ricostruzione del fatto, va sottolineata l’importanza del colore delle macchie, che si presenterà rosso vivo quando il ferimento risalga a poco tempo dopo l’accesso sul luogo; 

mentre tenderà ad assumere un colore rosso-vivo quando il ferimento risalga a poco tempo dopo l’accesso sul luogo, mentre tenderà ad assumere un colore rosso-brunastro, e quindi bruno-caffé, con il progressivo passare del tempo.


Sulla conformazione delle macchie dovrà maggiormente soffermarsi l’attenzione di chi effettua il sopralluogo

Il sangue defluito dalla ferita può presentarsi raccolto in pozze o sotto forma di spruzzi, gocciolature o come macchie formatesi indirettamente (impronte) a causa del contatto di oggetti o parti del corpo, sporchi di sangue, con superfici varie.

Se il deflusso si verifica da un corpo disteso a terra ed immobile, il sangue si raccoglie in pozze, che si diffondono con maggiore o minore estensione o regolarità a seconda della natura del pavimento o del substrato.

Quando il sangue fuoriesce dai vasi con una certa pressione, come nel caso di ferimenti di arterie, esso può colpire oggetti o pareti situate a distanza, formando su di essi caratteristici spruzzi, che assumono forma di punto esclamativo con asta allargata rivolta verso il luogo di origine, se il getto ha investito obliquamente la parete, e forma di clava, se l’obliquità era lieve e scarsa la forza viva dell’urto (cfr. figure n. 9 e 10).



La formazione di spruzzi può aversi anche indipendentemente dalle ferite di arterie, e cioè calpestando, ad esempio, una pozza di sangue o agitando un’arma insanguinata.

Le gocciolature si formano quando il sangue cade, per semplice forza d’inerzia, dalle ferite, da armi o da indumenti intrisi. La loro dimensione dipende dalla quantità di sangue da cui sono costituite.

La conformazione del contorno delle gocciolature varia a seconda dell’altezza da cui provengono e dalla natura del substrato su cui sono cadute.

Eseguendo verifiche sperimentali, lasciando cadere gocce di sangue da varie altezze su cartoncini, si è osservato che se l’altezza è scarsa, la macchia ha un contorno circolare, che diventa poligonale se l’altezza è maggiore (70 cm. circa). Agli angoli del poligono si trovano dei prolungamenti verso l’esterno che aumentano con l’aumentare dell’altezza (cfr. figura n. 11).



Se, poi, il sangue gocciola da due o tre metri d’altezza, attorno alla macchia, ed a varia distanza da essa, si notano degli spruzzi secondari.

Va rilevato, da ultimo, che se la persona che perde sangue è in movimento, si formano macchie a contenuto ellittico con spruzzi secondari situati nella direzione in cui il movimento si compie (cfr. figura n. 12).



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